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Dettaglio documento pubblicato n. 397
 
Immagine documento
Data: 15/12/2003
Destinatario: Presidente V° Municipio
Descrizione: Mediazione Sociale
   
Dettaglio:
MEDIAZIONE SOCIALE Nella lettura dei quotidiani si scopre ogni giorno l’immagine di una città dove la tensione e i disagi sociali si moltiplicano con conflitti, violenza e micro-criminalità, si evidenziano sempre di più problemi di immigrazioni, di comportamenti violenti di alcuni giovani, di tossicodipendenza e poco ci si rende conto del venire meno della coesione sociale che significa fra l’altro, comportamenti rispettosi degli altri, comportamenti rispettosi della “cosa” comune, di una comune cultura della solidarietà e di convivenza civile. I fatti raccontati il più delle volte rispondono alla realtà, magari qualche volta anche troppo enfatizzati, tali da determinare una sensazione di generale insicurezza che, lungi dal ricercare le risposte possibili alle radici del disagio, orientano verso richieste di repressione dei fenomeni tendenti alla chiusura delle stesse persone e dei gruppi, in una spirale di crescente impotenza e di inasprimento delle posizioni. Queste palpabili sensazioni, influenzate anche da processi di sfiducia verso la politica e le Istituzioni necessitano di una mediazione o di una ricerca di una nuova cultura del vivere civile che si determinano soprattutto nei quartieri in un peggioramento della vita di tutti ed in particolare in quella categoria di cittadini più deboli. Il vissuto quotidiano di coloro che vivono una metropoli è spesso caratterizzato da una sensazione di ansia generalizzata condita da un diffuso disagio, anche i più piccoli atti vandalici ispirano nel vivere quotidiano degli abitanti di un quartiere il sentimento confuso di un pericolo imminente che li sommerge. Per garantire la sicurezza sono state percorse alcune strade, una è passata attraverso l’impiego delle Forze dell’Ordine e la militarizzazione del territorio, dando per altro effetti di breve durata, soprattutto sul terreno psicologico; l’altra si è concretizzata nella costituzione di Corpi di Polizia privata o addirittura di squadre di cittadini impiegati in ronde notturne e in compiti di presidio di quesiti dichiarati a rischio, tutto questo con esito negativo e nocivo, effetti migliori si ottengono diffondendo capillarmente sul territorio una cultura favorevole alla gestione delle liti. Promuovere processi che favoriscano la sicurezza urbana significa favorire un intervento globale finalizzato ad un migliore equilibrio nella fruizione del tessuto della città; mi riferisco alla “sicurezza urbana” come a quell’insieme di condizioni materiali, percezioni e rappresentazioni individuali e collettive che consentono ad un soggetto o a un gruppo di avere la convinzione di essere in grado di fronteggiare un evento che, potenzialmente, potrebbe essere una minaccia; più precisamente, di avere capacità e competenze revisionali e di intervento atte a rispondere in modo efficace ad una perturbazione definita, indipendentemente dai dati di realtà, come minaccia. Per promuovere sicurezza c’è bisogno di una partecipazione attiva della comunità locale, dei cittadini che direttamente si fanno protagonisti di azioni tese al miglioramento della qualità della vita; in questo senso l’intervento di mediazione sociale, tra le strategie per promuovere la sicurezza urbana si configura come il più adeguato ed innovativo al raggiungimento di tale obiettivo. La mediazione sociale ha lo scopo di aiutare le singole persone o i gruppi in conflitto tra loro a confrontarsi sulla natura, sui motivi e sugli effetti collegati alle tensioni sociali dal punto di vista delle diverse parte coinvolte, per trovare ove possibile delle soluzioni che rendano soddisfatti tutti gli attori; l’obiettivo è quello di restituire responsabilità sia a chi si è reso promotore del conflitto, sia a chi lo ha subito. La mediazione allora è quel processo irato a far evolvere dinamicamente una situazione di conflitto, aprendo e favorendo canali di comunicazione che sembravano inesistenti; la particolarità è che il mediatore sociale possono essere i cittadini stessi, certamente formati e ben istruiti che appartengono allo stesso tessuto sociale; si producono così effetti legati alla responsabilizzazione del territorio facilitando per altro un maggior senso civico in merito al vissuto di sicurezza sociale. Il processo di mediazione sociale può essere anche lungo ma fornisce un contesto sicuro, garantito, in cui il conflitto può essere compreso e a cui può esser data una risposta più soddisfacente possibile per entrambi le parti; i mediatori sociali non risolvono i problemi dall’alto, ma invece favoriscono, facilitano e sollecitano un processo che permetta ai disputanti stessi di essere pienamente autorizzati ad affrontare il conflitto con l’altro in modo costruttivo. L’idea primaria che muove la mediazione sociale si basa sul concetto che “mediazione sociale” non significa una società priva di conflitti, ma più concretamente, la necessità avvertita da più parti, di ricostruire momenti, strumenti, luoghi, e anche figure di mediazione sociale; quindi quando non è possibile sanare i contrasti di culture, generazioni, di religione e costume, occorre offrire sedi e momenti di confronto in cui le tensioni possano esprimersi fino in fondo, nella convinzione che con la mediazione sociale si possono governare i conflitti riconducendoli a livello di rispetto e di tolleranza. L’immobilismo e il disorientamento che ha visto crescere i toni polemici e le critiche del dibattito sulla sicurezza lo scegliere come base, lo strumento della mediazione sociale significa porsi in un’ottica di responsabilità, di corresponsabilità reciproca tra tutti i soggetti sociali nel costruire insieme il benessere di una città, cercando ed impegnandosi verso soluzioni praticabili e soddisfacenti. La sfida su questo fronte ha come obiettivo generale la vivibilità e la qualità della vita mirando dritto verso le comunità presenti sul territorio, come luoghi e soggetti per ricostruire momenti di socialità, di socializzazione, di mediazione e di governo del fenomeno, accanto ai tradizionali luoghi di aggregazione sociale come la scuola, le parrocchie, l’associazionismo in generale. I contesti territoriali: - è opportuno , oltre che necessario metodologicamente conoscere a fondo il territorio in cui si deve operare, iniziando da prima a scovare in esso uno “spazio” fisico per governare gli interventi. - necessita un’analisi dettagliata delle fonti ufficiali sociologiche e statistiche, relative alla zona. - assemblare interviste e testimonianze degli stesi abitanti, delle associazioni già operanti sul territorio, e di tutti quei cittadini che si impegnano civilmente e culturalmente, prevenendo la stesura di una griglia corrispondente a caratteristiche socio-demografiche, urbanistiche, presenza dei servizi esistenti e inesistenti, grado di accessibilità e le problematiche sociali più emergenti. Gli Obiettivi: - principale obiettivo di un progetto di mediazione sociale è quello di realizzare un intervento sperimentale su una specifica area della zona prescelta in cui risulti primaria l’analisi dei conflitti sociali in crescita o in evoluzione, attraverso la diffusione di una cultura della mediazione, condivisa e partecipata, sperimentando di giorno in giorno percorsi di ricerca e di intervento, nonché la valutazione rapida dei risultati raggiunti, al fine di verificare ipotesi ed interventi che si possono confrontare con i conflitti sociali, attraverso la diffusione di una cultura della mediazione sociale e della sicurezza urbana: Le attività per un progetto di mediazione sociale: a) la necessità di una osservazione costante b) la mappatura dei conflitti c) il monitoraggio permanente d) il rapporto diretto con la cittadinanza attraverso gli sportelli e) dalla delega alla partecipazione attraverso i percorsi formativi f) rete sul territorio
   

 
 

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